Talmente noi

lunedì 19 Ottobre 2009

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Di Zavattini, l’ho già scritto anche qualche altra volta, ho l’impressione di non saper niente. Ma non perché io non ne so niente, perché lui ha scritto tanta di quella roba che saper tutto, aver letto tutto, aver visto tutto, aver ascoltato tutto, di quel che ha fatto lui, delle volte anche senza firmarlo, certi soggetti cinematografici, dicono, certe sceneggiature, essere, come si dovrebbe, documentati, essere degli specialisti, di Zavattini, è un mestiere, faticosissimo, è un autore che non conviene, sceglierlo, per far delle tesi, per fare dei dottorati, per scriverci su dei libri; meglio dedicarsi, non so, allo scrittore russo Venedikt Erofeev, che di film non ne ha mai scritti nella sua vita ha scritto praticamente solo due romanzi uno dei quali, sulla vita di Šostakovič, se non ricordo male, l’ha perso nella metropolitanta di Mosca prima ancora che fosse stampato, ne resta uno, basta leggere quello, è un romanzo anche corto, dopo averlo letto uno può già dire di essere uno specialista, di Erofeev, oppure se no scegliere un evangelista, non so, san Marco, che dev’essere anche il vangelo più corto, uno legge tre volte il vangelo di San Marco, sceglie un atteggiamento critico di formalismo duro (Tutto quel che si deve sapere lo si trova nel testo), be’, in un certo senzo, senza voler esagerare, uno può dire che nel giro di quattro cinque ore lui è già diventato uno specialista di San Marco, con Zavattini, altro che quattro cinque ore, solo per radunare l’opera omnia ci voglion degli anni, e poi sono delle robe anche tutte diverse, bisogna intendersi di prosa, di poesia, di pittura, di cinema, di radio, e del contrario di tutto, di non prosa, di non poesia, di non pittura, di non cinema, di non radio, che, da un certo punto di vista, per un critico, veramente, Zavattini è una specie di condanna, ma da un altro punto di vista, proprio questo aspetto, le non cose, secondo me sono tra le cose più interessanti delle quali uno si possa occupare, al giorno d’oggi, ammesso che ci sia un giorno d’oggi. Continua a leggere »

Un paese

martedì 6 Ottobre 2009

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Ogni anno vado a trovare padre Pio. Ero in collera con mia sorella, dal tempo della morte di mio padre; poi, quando ho parlato con padre Pio, ho sentito dentro una cosa e le ho scritto una cartolina: saluti.

[Un paese. Testo di Cesare Zavattini, fotografie di Paul Strand, Torino, Einaudi 1950, p. 44]

Hollywood – 29 aprile 1966

lunedì 22 Giugno 2009

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All’una arrivai puntuale al banchetto. De Sica tardò venti minuti e si prese ugualmente gli applausi. Un columnist mi rivolse la domanda tradizionale: «Per lavorare insieme tanti anni, De Sica e lei, qualche cosa avete in comune. Che cosa?». Risposi tra i lampi dei fotografi: «La presunzione. Ciascuno di noi due crede in cuor suo di essere l’elemento determinante del successo dei film».

[Paolo Nuzzi, Ottavio Iemma, De Sica & Zavattini. Parliamo tanto di noi, Roma, Editori riuniti 1997, p. 9]

Più disco

martedì 2 Giugno 2009

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A settembre dovrebbe uscire, per la collana fuori formato della casa editrice Le Lettere, una riedizione del Non libro più disco, di Cesare Zavattini, a cura di Stefania Parigi.
Mi hanno chiesto una specie di postfazione, allora ho riletto il Non libro, e ci ho ritrovato diverse cose che mi ero dimenticato, come per esempio questa:

E se fossi destinato a essere soltanto un artista? Mi si accappona la pelle.

Oppure questa:

Papa, inventa, fai qualcosa di inatteso, bestemmia e mi converto, bestemmia o ti percuoto.

O anche questa:

Che minuto, ieri, seduto in poltrona che sapevo ancora di caffè.

Pantaleone

venerdì 15 Maggio 2009

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Sono e mi chiamo Ivo Spaggiari, in arte Pantaleone, nato a Pratofontana di Reggio Emilia. Una sera del gennaio 1977, in occasione della serata conclusiva del Premio nazionale dei naïf, il signor Sindaco di Luzzara Fausto Alberini mi telefonò dicendomi di andare a prendere alla stazione ferroviaria di Reggio una giornalista del «Carlino», che doveva partecipare alla cena presso il Ristorante pizzeria da Dino, presente Cesare Zavattini. Mi disse che potevo partecipare anch’io con la fisarmonica.
Andai subito in garage a prendere la mia Millecinque a metano, ma dovetti passare prima dal carrozzaio per sistemare un parafango. Il carrozzaio (al quale diedi un mio quadro per ricompensa), forse inavvertitamente fece un buco nella parte destra della guida. Si vede che aveva forato un tubo, infatti uscì un getto che riempì d’acqua una scarpa della giornalista. Lei rideva vedendomi disperato. Alla cena mi dissero di suonare con la fisarmonica e di cantare l’inno dei naïf da me composto, ma ero talmente emozionato per la presenza di Zavattini, che non riuscivo a muovere le dita sulla tastiera. Allora la giornalista mi portò un bicchiere di grappa e incominciai a suonare andando avanti per più di mezz’ora, mentre tutti ridevano. Alla fine della cena tutti andavano da Zavattini per avere l’autografo. Volevo andare anch’io ma non avevo il coraggio. Venne allora la giornalista che mi prese per mano e mi portò davanti a lui. Gli diedi da firmare la pagina del catalogo della mostra dove era stampato un mio quadro intitolato La potenza di Zavattini. Lui, prima della firma, scrisse: «Pantaleone, liberati di Zavattini».

[Alfredo Gianolio, Pedinando Zavattini, Reggio Emilia, Diabasis 2004, p. 65]

Quadernoni

lunedì 5 Gennaio 2009

In avvenire troverò materia su certi quadernoni, nei quali dal ’41 al ’50 mescolavo i conti con le imprecazioni e gli aneddoti: sono là in un cassetto, insieme a molte lettere non spedite, che sono sfoghi che bisogna fare per stare lontani dalla cirrosi epatica, e io se non ho la cirrosi epatica lo devo a queste lettere non spedite, nelle quali mi sfogavo con tanto coraggio, ma poi come gatti venivano avanti le convenienze e le paure e allora le lettere restavano lì.

[Cesare Zavattini, in De Sica & Zavattini, Parliamo tanto di noi, a cura di Paolo Nuzzi e Ottavio Iemma, Roma, editori riuniti 1997, p. 125]

3 poesie (di Zavattini)

domenica 21 Dicembre 2008

Dio

Dio c’è.
Se c’è la figa c’è.
Solo lui poteva inventare una cosa così,
che piace a tutti a tutti
in ogni luogo,
ci pensiamo anche se non ci pensi,
appena tu la tocchi cambi faccia.
Che momento, lungo o corto non si sa.
Fa anche dei miracoli,
un muto
per chiamarla
gli è tornata la voce.
Ah se potessi spiegarmi ma
è difficile
come parlare del nascere e del morire

[Cesare Zavattini, Stricarm’ in d’na parola, in Opere 1931.1986, Milano, Bompiani 2001, p. 910]

3 poesie, di Zavattini

domenica 21 Dicembre 2008

Chi passa di notte dal mio paese

Chi passa di notte dal mio paese pensa
questi sono fuori di tutto, in un altro mondo.
Nessuno indovinerebbe
in tanto silenzio
che dieci che stavano proprio in queste case qui,
tanto giovani che sono ancora vivi madri e padri,
li hanno impiccati
pochi giorni prima della pace.

[Cesare Zavattini, Stricarm’ in d’na parola, in Opere 1931.1986, Milano, Bompiani 2001, p. 920]

3 poesie di Zavattini

sabato 20 Dicembre 2008

La bassa

Ho visto un funerale
così povero
che non c’era neanche
il morto nella cassa.
La gente dietro piangeva,
piangevo anch’io
senza sapere il perché
in mezzo alla nebbia.

[Cesare Zavattini, Stricarm’ in d’na parola, in Opere 1931.1986, Milano, Bompiani 2001, p. 911]

Caffettiere

martedì 18 Novembre 2008

Da ragazzo, pensandomi adulto, come mi immaginavo? Avvocato. Senza dubbi. I luzzaresi, fin da quando avevo quattro, cinque anni, mi mettevano su tutti i tavoli da cui lanciavo i miei sproloqui, che per i miei parenti erano arringhe, nonostante a quei tempi balbettassi notevolmente.
Avevamo un caffè, era il più bello: grandi specchi, dei divani di velluto rosso, dei mobili bianchi con dell’oro, i liquori, i dolci…
Nacqui col complesso del caffettiere: quello che accorre quando è chiamato. Così la mia famiglia: niente di preordinato, tutto fatto al momento, su ordinazione… Ancora oggi io sono sempre a disposizione di chi mi vuole, di chi mi chiama al telefono, di chi mi viene a visitare. Il complesso del caffettiere è una delle componenti del mio carattere. Lo metto come importanza vicino al complesso della timidità e quello della calvizie, che non mi hanno mai abbandonato.
(Cesare Zavattini, in De Sica & Zavattini, Parliamo tanto di noi, a cura di P. Nuzzi e O. Iemmi, Roma, Editori Riuniti 1997, p.16).