Ancora di più

mercoledì 23 Aprile 2014

L’altro giorno, era appena morto Gabriel García Márquez, mi hanno chiamato da Libero mi hanno chiesto se volevo scriver qualcosa su di lui; io gli detto che non avrei saputo bene cosa scrivere e che forse era meglio se non scrivevo niente; che, soprattutto in queste occasioni, quando uno muore, è meglio scriver qualcosa se si ha qualcosa da scrivere e se non si ha niente da scrivere è meglio non scrivere niente. Dopo poi, alla sera, mi è venuto in mente che qualcosa da scrivere ce l’avevo, anche se non era esattamente qualcosa da scrivere su García Márquez, era qualcosa da scrivere sul motivo per cui, di García Márquez, era meglio non scrivere niente. E dipendeva da un fatto a cui avevo pensato tante volte e che mi era giù capitato di raccontare e che avevo anche scritto da una qualche parte e che apparentemente non c’entra niente ma forse, vedrete, alla fine poi c’entra, cioè il fatto che, quando pubblichi un libro, prima o poi ti succede che qualcuno ti chieda: «Perché scrivi?».
Che è una domanda, non so come dire, non molto gentile: se uno che ha letto un libro che hai scritto ti chiede: «Perché scrivi?», ti vien da pensare che la domanda ne sottintenda un’altra, vale a dire: «Perché non fai qualcos’altro, che magari ti viene poi meglio?».
La cosa che mi ha confortato, quando ho pubblicato un libro e mi son sentito rivolgere questa domanda, è il fatto che questa domanda l’avevan rivolta anche a della gente che aveva scritto dei libri che a me eran piaciuti moltissimo, come Luigi Malerba, che quando gli avevano chiesto, degli studenti tedeschi, «Perché scrive?», lui aveva risposto: «Per capire quello che penso», che è una risposta che a me era sembrata bellissima; dopo, una rivista tedesca, che se non ricordo male era Stern, aveva fatto uno specie di sondaggio che questa domanda: «Perché scrive?», l’avevan rivolta a centinaia di scrittori di tutto il mondo e tra gli altri anche a García Márquez che aveva risposto: «Perché i miei amici mi vogliano ancora più bene di quanto me ne vogliono» e l’altro giorno, quando si è diffusa la voce che García Márquez era morto e Libero mi ha chiesto di scrivere qualcosa su García Márquez, io subito gli ho detto di no, poi ho pensato che forse avevo fatto bene a dirgli di no perché io non c’entravo niente, e non c’entravo niente perché, in quei giorni lì, il ricordo di García Márquez era giusto che fosse lasciato ai suoi amici che gli hanno voluto ancora più bene del bene che gli hanno voluto.

[uscito ieri su Libero]