lunedì 30 Maggio 2016

Io sono vivo voi siete morti, carrère

Leary e suoi amici [sic] erano convinti che quel nuovo rito sarebbe presto diventato moneta corrente. Si consideravano come «degli antropologi del ventunesimo secolo che abitavano in una capsula temporale situata negli oscuri anni Sessanta», ma non dubitavano che la conversione generale fosse vicina. Contavano su un crescita esponenziale: se nel 1961 le persone che facevano uso dell’LSD erano venticinquemila, nel 1969 sarebbero state quattro milioni, ovvero si sarebbe raggiunta la massa critica, e a quel punto la società sarebbe cambiata, ea inevitabile. Considerato il ritmo con cui il decondizionamento cerebrale indotto dalla droga progrediva fra le classi medie, erano certi che intorno alla metà degli anni Settanta anche il presidente degli Stati Uniti avrebbe provato l’LSD, che i summit internazionali si sarebbero svolti sotto l’effetto dell’acido e che il mondo ci avrebbe senz’altro guadagnato.
Nel 1964 una simile prospettiva messianica sembrava plausibile, quanto meno più plausibile di quella di vedere approdare alla Casa Bianca, trent’anni dopo, un tale che avrebbe confessato di aver fumato, sì, qualche canna, ma senza aspirare.

[Emmanuel Carrère, Io sono vivo, voi siete morti, traduzione di Federica e Lorenza Di Lella, Milano, Adelphi 2016, p. 145]